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LA REINTRODUZIONE DEL GIPETO SULLE ALPI

Il Gipeto (Gypaetus barbatus) è l’avvoltoio di maggiori dimensioni nidificante in Europa appartenente alla famiglia degli Accipitridi, ordine Accipitriformes.

La specie, presente e nidificante stabilmente sull’intero arco alpino fino agli inizi del 1900, scomparve (causa estinzione) dal territorio italiano agli inizi del secolo scorso; tra le possibili concause dell’evento vi sono l’inesistente protezione da parte dello Stato Italiano (dal punto di vista legislativo) ed il ribattezzamento da parte dell’ignoranza popolare in “Avvoltoio degli agnelli”, entrambi i fattori causa di una caccia spietata ed ingiustificata.

Gli studi scientifici hanno provveduto a dimostrare che l’alimentazione del Gipeto adulto è improntata unicamente sulle carogne, ed in particolare sulle ossa delle stesse o di carcasse secche, ed in ogni caso mai di animali predati vivi;

Il WWF internazionale in collaborazione con la “Foundation for the conservation of bearded volture” si è impegnato (dal 1986, anno del rilascio dei primi 4 Gipeti in Austria con la tecnica dell’hacking) nel tentativo di reintrodurre la specie sull’intero arco alpino rispettando un protocollo precedentemente elaborato a Morges (Svizzera) nel 1978 in collaborazione con altri soggetti interessati all’evento;

Il lavoro di tesi da me svolto, eseguito nel Parco Naturale delle Alpi Marittime negli anni 1998 e 2000, s’inserisce in un quadro più ampio di osservazioni sul comportamento dei giovani Gipeti reintrodotti in natura che iniziò nel 1994,ed ha lo scopo di evidenziare (se presenti) le correlazioni esistenti fra l’età dei giovani animali rilasciati e le 7 attività giornaliere considerate (pulizia del piumaggio, sunning, alimentazione, osservazione, riposo, battito delle ali e volo) nel periodo precedente e successivo all’involo;

i dati riportati evidenziano aspetti particolari dell’ontogenesi del comportamento del Gipeto durante questo periodo, alcuni dei quali in accordo con quanto riportato in letteratura, ed altri non confrontabili: i lavori pubblicati, infatti, si riferiscono quasi sempre a ricerche effettuate su animali nidificanti in ambiente naturale (ed i risultati ottenuti da Rolando et al. nel 1998 sono le eccezioni a cui far riferimento), mentre il presente studio è stato condotto su pulli nati in cattività e rilasciati in natura senza la presenza dei genitori.

L’intera tesi, o la sola bibliografia, sono acquistabili sul sito di Tesionline previa registrazione gratuita;

la preview della stesa e/o l’ indice sono consultabili e scaricabili gratuitamente.

 

 

MA CHE COLPA ABBIAMO NOI….?

Ma che colpa abbiamo noi GREENMAKERS?

Se desiderare un futuro green è un peccato, sono un peccatore impenitente!

Se pensare a prodotti ecocompatibili è un peccato, sono da scomunicare…….
Se tentare di svegliare la coscienza green che dorme in ognuno di noi è un peccato, merito l’ergastolo.

Ma pensare ad un futuro ecosostenibile non è nè un peccato nè un reato e, mal che vada, rischi di vivere un futuro migliore.

 

 

 

NON C’E’ NIENTE DA RIDERE

In realtà non ci sarebbe nulla da ridere:

dopo 76 giorni dall’incidente alla DEEPWATER HORIZON, la piattaforma della BP in servizio nelle acque del Golfo del Messico, il petrolio ha ragiunto le coste americane della LOUSIANA seminando morte in acqua ed in terra.

Dopo una tempestiva fase di giustificato allarmismo ambientale sono iniziati i primi tentativi per contenere le fuoriuscite del greggio, senza peraltro ottenere successo; contemporaneamente si è ricorso all’uso dei disperdenti non senza qualche perplessità e qualche immancabile sospetto.

L’amministrazione Obama non è ancora intervenuta fisicamente con i propri mezzi e le proprie tecnologie; BP, nel frattempo, cerca di “insabbiare” il danno mentre il petrolio continua ad uscire in quantità dubbie e giornalmente variabili in funzione dei soggetti coinvolti possesori dei dati.

Ed in rete impazza questo video, ma non cè nulla da ridere: è successo anche nel Mar Rosso e quasi non ce ne siamo accorti.

 

ACQUA KILLER

Personalmente non ci avevo mai pensato, anche se i miei studi universitari mi avrebero potuto/dovuto dare una mano in proposito.

Ma , si sa, se un disegno vale cento parole un video ne vale un milione e, nel gustarmi il clip a fondo post, ho realizzato  in un attimo che nonostante le mie quotidiane preoccupazioni, son ben fortunato a vivere in una ambiente civilizzato e non essere uno degli 8 milioni di vittime/anue dell’acqua.

Ovviamente, senza generalizzare, c’è chi ci lucra sopra al fenomeno, ma questa è un’altra storia e ve la posto a parte.

 

PLASTICA? NO GRAZIE…..

Spulciando fra i contributi multimediali postati sulla bacheca dei GREEN MAKERS in Facebook (http://www.facebook.com/home.php?#!/group.php?gid=322337833234 per chi fosse interessato in qualche misura all’ambiente che lo circonda) mi sono imbattuto in questo video che condivido volentieri con voi:

no, non fa ridere, ma sicuramente un pò riflettere su come le abitudini di ogni essere umano possano marcatamente influenzare la collettività e l’ambiente che li ospita.

Ovviamente nessuno può imporsi nelle scelte di ogni singolo individuo, e non è questo lo scopo di questo post, ma si può “fare qualcosa per l’ambiente” (e sempre che lo si voglia) anche bevendo un sorso d’acqua e prendendo esempio dalle formiche:

lo sforzo del singolo produce riultati starordinari quando il singolo è parte di una comunità che lavora all’unisono.

Cinque minuti di assetata riflessione.